Consiglio a tutti di vedere questo film, tratto dall'omonimo best seller che in Germania ha venduto 2 milioni di copie Più per la riflessione intelligente - quasi "schiarente" - del regista tedesco di origini ungheresi David Wnendt e per la magnifica interpretazioni di un luciferino Hitler da parte di Oliver Masucci (anche lui casualmente non completamente tedesco).
Il film è diabolico per due motivi.
Fa innanzitutto ridere tanto; sia quando il personaggio grottesco e malvagio (il Male per antonomasia) del redivivo Adolf gira per le strade della Berlino contemporanea, in mezzo a folle di turisti alla Porta di Brandeburgo, tutti alla ricerca disperata di un selfie con la star, sia quando - davanti ad una lavanderia gestita da arabi - "lui" pretende di lavarsi anche le mutande sporche. La contrapposizione che l'autore fa emergere è poderosa e spiazzante.
L'altro elemento del diabolico è la seduzione del personaggio Hitler. Per quanto la perbenista e ottusa stampa tedesca abbia cercato di ridimensionare il valore dell'opera cinematografica con stroncature pesanti ( FAZ e Suddeutsche Zeitung), il carisma atemporale di Hitler davanti alla nientificazione dei programmi di cucina, dei talk televisivi e dei social, davanti alla banalizzazione e desertificazione delle moderne democrazie, sembra attrarre lo spettatore, portandolo al rifiuto cosciente dell'idea accattivante che "Lui" genera. Freudianamente la parte cosciente e razionale del nostro io (e del nostro super-io) rifiuta con fatica la prepotente spinta subcosciente che sembra dirci: "ehi, però, è un tipo affascinante!".
Lui sa guardare nell'abisso, detto in termini heideggeriani, quando intorno a noi il "deserto cresce inesorabile" . Così , in questa amnesia collettiva, dove "Lui" è sempre uguale a se stesso, razzista, violento, pericoloso, sanguinario, perverso, oggi - nel mondo dell'effimero - diventa una Pop Star piena di follower.
I neo nazisti sono solo gruppetti di sfigati, funzionali al sistema, mentre Lui sembra in grado di incarnare l'anima universale del popolo, perché lo capisce (connessione sentimentale) e in "Das Volk" (il popolino) si rispecchia. In questo ritratto grottesco e coraggioso il regista e l'autore del libro ci mettono in guardia da ciò che può ripetersi.
E l'Europa degli egoismi nazionalisti, dei muri e dei fili spinati alla frontiera austriaca, dei populismi violenti dei partiti xenofobi (sempre più forti) sembrano il palcoscenico di questa tetra tragedia. Che niente ha più della commedia.
Dove dal riso al pianto il passaggio è veloce e la linea è sottile.
E lui può tornare (er kann wieder da sein) . Più forte di prima.
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