Innanzi tutto trovo personalmente ributtante la nuova moda italiana del tiro al professorone, spesso etichettatati con l'epiteto di parrucconi. Per carità, non è che abbia mai avuto simpatia dell'accademico in ermellino e pastrano, pieno di cinica superiorità intellettuale e dall'accento così terribilmente artificioso. L'accademico è ciò che più di lontano dal popolo si possa immaginare e l'esempio di questa malcelata cattedraticità, intrisa di oligarchica borghesia torinese è certamente il Professor Zagrebelsky. Ma trovo altrettanto spregevole e quantomeno fuorviante la battaglia tra chi ha vinto la gara dei consensi tra il professorone e il giovane presidente del consiglio. Sembra che i giornalisti di regime, con a capo del corteo il bicentenario Scalfari, alzando la paletta, come in un brutto show televisivo, abbiano decretato il vincitore, senza perdere troppo tempo nell'analisi dei contenuti degli argomenti: sono noiosi, e chissenefrega. Alla ggente piace la lotta, come al Colosseo. La gente vuole vedere il sangue.
Ora, tra uno che ha passato la vita dentro uno studio a studiare monografie e preparare lezioni e uno cresciuto ai tempi di italia uno e canale cinque, con una retorica degna del miglior imbonitore, non mi pare ci sia molta gara sul profilo dei consensi.
Se si passa ai contenuti, la cosa si fa però più complicata. Per non tediare i pochi (ma buoni) lettori di questo blog, scrivo per titoli cosa non mi piace della riforma Boschi-Renzi, compresa la legge elettorale : 1. Il premio di maggioranza al partito (prendi il 40% e ottieni il 55%) , 2. Le liste bloccate, 3. L'immunità ai senatori 4.. Il farraginoso procedimento legislativo misto o "a bicameralismo paritario e differenziato" dell'art 70 5. La generica clausola di supremazia del nuovo art 117 della "salvaguardia dell'unità giuridica e economica della nazione" che - per usare le parole di Andrea Pertici, "consentirebbe al Governo di azionare una gru in grado di spostare in Parlamento ciò che secondo criteri ordinari dovrebbe essere competenza della regione". Che c'è di buono? Intanto che si supera (anche se male) il tabù del bicameralismo perfetto: alla domanda se una cattiva riforma sia meglio di nessuna io - per cultura e formazione migliorista (non napoletaniana) - penso sia meglio la prima, che - seppur maldestra - almeno getta un sasso nello stagno. 2. Si riducono i vitalizi e i fondi ai Consiglieri regionali che hanno dato prova di uso dissennato delle risorse pubbliche: basta ricordare le feste con le maschere da maiale dei consiglieri romani, le mutande di Cota, i vari Formigoni. 3. Si tolgono cnel e province, anche se la nuova configurazione istituzionale rimane incerta (aree vaste? Fusioni di comuni?). 5. si intruduce un'interessante novità all'art. 72 che prevede la possibilità di introdurre un nuovo procedimento legislativo detto "voto a data certa" che permette di aggirare il brutto meccanismo della fiducia e dei maxi emendamenti.
Insomma è una riforma che non cambia niente, non risolve il problema del debito che è un problema dello stato centrale più che di quello federale, non aumenta posti di lavoro, non sconfigge il terrorismo, insomma non ha doti taumaturgiche. Ma almeno è un piccolo tentativo di rivedere, con correzioni future, un impianto un po' vecchio.
In conclusione voterò Si, ma senza entusiasmo.
Ora, tra uno che ha passato la vita dentro uno studio a studiare monografie e preparare lezioni e uno cresciuto ai tempi di italia uno e canale cinque, con una retorica degna del miglior imbonitore, non mi pare ci sia molta gara sul profilo dei consensi.
Se si passa ai contenuti, la cosa si fa però più complicata. Per non tediare i pochi (ma buoni) lettori di questo blog, scrivo per titoli cosa non mi piace della riforma Boschi-Renzi, compresa la legge elettorale : 1. Il premio di maggioranza al partito (prendi il 40% e ottieni il 55%) , 2. Le liste bloccate, 3. L'immunità ai senatori 4.. Il farraginoso procedimento legislativo misto o "a bicameralismo paritario e differenziato" dell'art 70 5. La generica clausola di supremazia del nuovo art 117 della "salvaguardia dell'unità giuridica e economica della nazione" che - per usare le parole di Andrea Pertici, "consentirebbe al Governo di azionare una gru in grado di spostare in Parlamento ciò che secondo criteri ordinari dovrebbe essere competenza della regione". Che c'è di buono? Intanto che si supera (anche se male) il tabù del bicameralismo perfetto: alla domanda se una cattiva riforma sia meglio di nessuna io - per cultura e formazione migliorista (non napoletaniana) - penso sia meglio la prima, che - seppur maldestra - almeno getta un sasso nello stagno. 2. Si riducono i vitalizi e i fondi ai Consiglieri regionali che hanno dato prova di uso dissennato delle risorse pubbliche: basta ricordare le feste con le maschere da maiale dei consiglieri romani, le mutande di Cota, i vari Formigoni. 3. Si tolgono cnel e province, anche se la nuova configurazione istituzionale rimane incerta (aree vaste? Fusioni di comuni?). 5. si intruduce un'interessante novità all'art. 72 che prevede la possibilità di introdurre un nuovo procedimento legislativo detto "voto a data certa" che permette di aggirare il brutto meccanismo della fiducia e dei maxi emendamenti.
Insomma è una riforma che non cambia niente, non risolve il problema del debito che è un problema dello stato centrale più che di quello federale, non aumenta posti di lavoro, non sconfigge il terrorismo, insomma non ha doti taumaturgiche. Ma almeno è un piccolo tentativo di rivedere, con correzioni future, un impianto un po' vecchio.
In conclusione voterò Si, ma senza entusiasmo.
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