Torno da un po' di incontri con leader dei movimenti nazionali, prima Enrico Rossi, presidente di questa regione, esponente di Mdp e Giuseppe "Pippo" Civati, di Possibile. Entrambi usciti dal Pd , il primo nel 2017 e l'altro già nel 2015. Entrambi alla ricerca di una proposta che sappia unire la radicalità del messaggio con la sana presunzione di governare. Entrambi hanno parlato dell'importanza di unirsi, in un soggetto forte, unico, partendo dalle esperienze che sono cresciute separatamente, ma che hanno in comune una visione forte e finalmente unitaria. Insomma, credo sia arrivato finalmente il tempo di unire le forze e scrivere un sintetico manifesto dove si declinino i principi e le misure per attuarli.
Nei 2 giorni in cui sono stato a Reggio Emilia, ho percepito un'atmosfera stimolante, che mi ha restituito la voglia di riprendere la militanza politica: senza passione si muore lentamente in un vuoto pragmatismo, in un vuoto presente del fare, per usare l'espressione che Ernesto Galli Della Loggia riferisce al Pd renziano nel suo ultimo libro. Mi sono piaciuti, ieri mattina, Speranza, Civati, Fratoianni e un tale Marco Cappelli (delegato di Pisapia), sul palco a parlare la stessa lingua della passione, tipica delle fasi nascenti di un nuovo soggetto sociale: naturalmente i media nazionali, sempre più deferenti al ceto di potere, si sono ben guardati dal dare loro spazio, eccezion fatta per il Fatto Quotidiano. Mentre Feltrinelli, un tempo gloriosa casa editrice, era impegnata a propagandare l'ultima fatica editoriale di Renzi.
Sull'aspetto organizzativo, il modello è quello "bottom up" , tipico di tutti i nuovi movimenti costituenti. Bisogna riprendere - laicamente s'intende - una sana predicazione dal basso nel deserto, quello che cresce sempre di più. La desertificazione è un processo ormai in atto in ogni ambito della società: perciò si sono seccati i corpi intermedi, la scuola, persino le università, i partiti, i sindacati, le bocciofile. Ma ci sono ancora oasi, soprattutto nel mondo giovanile, ma anche nel sindacato, nei vecchi militanti, negli uomini di buona volontà che scoppiano di passione, nonostante questo ultimo triste decennio. C'è ancora troppo da ri(costruire), c'è un deserto da rinverdire.
Le ricette blairiane hanno fallito, la povertà assoluta sta crescendo (in Italia è all'11.9 secondo l'ultimo rapporto Esde) e la tanto adorata mano invisibile sta seminando visibili ingiustizie.
Ripartiamo da qui, investiamo ricchezza nei servizi pubblici come la scuola, i trasporti, le strade, la ricerca, gli ammortizzatori sociali, nei fondi per i non autosufficienti. Facciamo un piano nazionale per la green energy. Tassiamo le multinazionali, in modo certo e facciamo di queste battaglie una questione europea. Lottiamo per i molti, non per i pochi, come ha urlato Jeremy Corbyn nel suo splendido discorso.
I tempi sono maturi. Usciamo dalle tastiere e convinciamo i nostri vicini che un altro mondo è possibilissimo. Prenotiamo un tavolo di un bar e iniziamo a discutere.
Alle prossime elezioni, finalmente, saprò chi votare e lo farò con profonda convinzione.
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